Start up e business plan: come riuscire a distinguersi tra tanti?
Per una start up creare un business plan non é facile, soprattutto quando si é alla ricerca di investitori: ecco qualche consiglio per distinguersi tra tanti.
Per una start up creare un business plan non é facile, soprattutto quando si é alla ricerca di investitori: ecco qualche consiglio per distinguersi tra tanti.
Per una start up redigere un business plan é spesso un'impresa complicata. Benché le regole di redazione siano pressoché fisse e conosciute da tutti, come la suddivisione in paragrafi (Executive summary- presentazione della società- prodotti ecc.), il contenuto e le descrizioni presenti in ciascuna delle categorie presentano numerose insidie che, spesso si rivelano fatali agli occhi di un potenziale investitore.
Vediamo quali:
E' la prima parte del business plan, dove si concentra l'idea di impresa e di progetto: deve essere d'impatto, certamente, ma deve restare nei limiti della realtà. Per quanto un'idea o un progetto possa essere geniale, é preferibile presentarlo non come qualcosa a cui nessuno aveva mai pensato prima (sindrome del genio incompreso),ma, al contrario, come un progetto semplice da capire per tutti, dall'investitore al cliente finale. Vi assicuro che la malattia del "genio incompreso" alla ricerca dell'illuminato investitore (ndr: che se non investe nel suo progetto, non si dimostra affatto illuminato..), é piuttosto diffusa e indispone il potenziale investitore.
Le vere start up nascono negli scantinati, sulle scrivanie disordinate, da persone che vivono e si nutrono del loro progetto, per farlo avanzare. Vedere start up composte unicamente da quadri direttivi e posizioni apicali convolti quasi a tempo pieno in altre realtà aziendali, non rende esattamente l'idea della "start up". La società deve essere trasmessa come effervescente e non come un insieme di persone di sicuro altamente qualificate, ma non pienamente implicate. Altra cosa: é preferibile evitare di indicare i compensi degli amministratori. L'investitore non deve avere la sensazione di entrare nel capitale, per pagare gli stipendi agli amministratori.
"Nessuno ha un prodotto come il nostro"...ammettiamo che sia proprio cosi': non ce l'ha davvero nessuno! Il fatto che non ce l'abbia nessuno o che ancora nessuno ci abbia pensato, non vuol dire che per quel tipo di prodotto esista una nicchia di mercato e una domanda. Il problema non é quello di creare un nuovo prodotto, ma di generare o di far convergere una nuova domanda verso il mio prodotto.
"Il nostro prodotto si venderà da solo"In natura non esistono prodotti che si vendono da soli! Se non si investe in comunicazione e marketing, il miglior prodotto del mondo continuerà a restare a catalogo senza una vendita. Si curi, quindi, la parte di strategia di marketing nei minimi dettagli, per invogliare l'investitore a diventare il primo cliente.
L'analisi di mercato deve essere realistica, soprattutto se si vuole aggredire i mercati esteri. Per parlare di sviluppo all'estero, occorre identificare estremamente bene i Paesi, evitando di parlare genericamente di "sviluppo in Asia", "sviluppo degli Stati Uniti". Sono mercati troppo vasti e troppo spesso misconosciuti, entrati non si sa come nell'immaginario dello sviluppo possibile, ma senza basi concrete. Il "mercato asiatico", ad esempio, é composto da India, Cina, Giappone, Thailandia...ogni Paese ha un'economia completamente a sé stante, un marketing completamente diverso, senza parlare delle lingue! Non basta l'inglese per girare il mondo...
Oltre a un piano di realizzazione, é bene che la start up indichi all'investitore che cosa ha già concretamente realizzato, mostrando il prototipo funzionante almeno in beta-test, sempre per il principio che l'investitore "salga a bordo" del progetto con un biglietto ben concreto. A un investitore non basta un'idea geniale. Vuole cifre, vuole sapere che volume d'affari sino ad oggi é stato generato, non gli interessa sapere le proiezioni di guadagno da domani al 2040 secondo tabelle excel preconfezionate.
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